Cos'è un genocidio?
“Compiere un genocidio significa sopraffare, eliminare, uccidere il nemico.”
Oggi, 10 febbraio, una lezione di vita, oltre che di semplice “scuola” è stata impartita agli alunni del Liceo Scientifico e dell'Istituto Tecnico di Guardiagrele dal Prof. Antonello Canzano, docente presso l'Università degli Studi “G. D'Annunzio”, Dipartimento di Scienze Giuridiche e Sociali.
All'intervento, segue un dibattito. Gli alunni sono in cerca di risposte sull'importanza del ricordo.
Il ricordo non è mai abbastanza.
La riflessione che nasce in ognuno di noi quando si trattano questi argomenti è il frutto di ciò che si è conservato, e che ci è stato tramandato, dalle generazioni passate.
L'oltraggio subito dai nostri avi viene dalla mancanza di quella che oggi chiamiamo “libertà”.
Che uomini sono quelli privi di libertà o, ancor peggio, di identità?
È questa la vera morte. Quella fisica dura un attimo, cancella tutto, trascina con sé il corpo.
Il ricordo, però, rimane vivido nella mente di chi rimane.
La perdita del nome. A quella non si può rimediare. È la pena più grave che si possa infliggere a un uomo. Eppure è stata imposta senza pietà, più volte.
Il ricordo e la memoria sono le uniche armi di difesa.
E se, per un istante, fosse possibile tornare indietro nel tempo? Se si potessero toccare con mano le condizioni disumane e i luoghi in cui questa pena veniva inflitta? Se si potessero richiamare alla mente i volti delle persone che, al posto del nome, hanno, marchiato a fuoco sulla pelle, un numero?
È la possibilità che è stata offerta ad alcuni alunni, che a fine maggio dello scorso anno hanno avuto l'occasione di trovarsi faccia a faccia con una realtà difficile: la dicitura “Arbeit macht frei” campeggiava dinnanzi ai loro occhi.
L'Istituto ha, infatti, portato avanti il “Progetto Comenius”, della durata di due anni. Progetto che ha coinvolto cinque nazioni, “ospitanti e ospitate” nel corso del biennio. L'ultima “tappa” è stata proprio la Polonia.
Non si può avere consapevolezza maggiore, se non quando si ha davanti agli occhi ciò di cui si è sentito parlare, raccontare, ricordare.
Trovarsi di fronte a una lezione di vita del genere non ha pari.
Filo spinato, blocchi, camerate.
Mucchi di scarpe, di occhiali, di utensili, di capelli, di valigie.
Volti lungo un corridoio, troppo stretto per raccoglierne la disperazione. Volti scavati, che nascondono paura. Volti che raccontano una storia, con la loro sola presenza in quello stretto corridoio.
Volti che sembravano, intimare o sussurrare, “Meditate che questo è stato”.
Una lezione che parte dai banchi di scuola, ma che continua, con la stessa forza, a imporsi sulle generazioni che si susseguono. Una lezione che vede la memoria come protagonista.
La memoria, che si fa portavoce di quei volti, che racconta la loro storia.
La memoria, l'unica via d'uscita che permette all'anima, al nome, di sopravvivere alla morte.