Romania - Pennapiedimonte. Il piccolo balcone d’Abruzzo, con 1550 abitanti nel dopoguerra e nemmeno 600 oggi (di cui il 65% sono anziani). Uno di quei paesi in cui non c’è nulla se non la bellezza della sua Majella. Chi ha potuto è immigrato, sparsi tra Milano, Svizzera e Argentina. Una scuola elementare a rischio chiusura, con una media di 4 bambini per classe nei primi anni ’90 scesa a 2 negli ultimi anni con annate, come il ’97, con un solo nato.
«Se il paese si svuota, corro a comprare due rumeni». È l’idea avuta da Vincenzo Carideo, l’allora sindaco del paese con un passato da emigrante in Svizzera. Ispirandosi alla situazione di Aquaviva, piccolo centro della Comunità autonoma d’Aragona, di quella Spagna depressa popolata da quattro, cinque abitanti per chilometro e tagliata fuori da qualsiasi circuito economico. Ispirandosi al suo sindaco Luis Bricio ed ai suoi studi sugli incentivi per ripopolare il paese: visto che nessun spagnolo sano di mente avrebbe abbandonato la città per trasferirsi ad Aguaviva, decide di importare dall’estero i nuovi abitanti, così come dall’Ecuador importeresti banane o pompelmi da Israele. La scelta cade inizialmente su 9 famiglie argentine che, però usano la Spagna come base per approdare altrove. Nel 2001 la scelta cade sulla Romania, su Unirea, un comune della Transilvania costituito da 7 villaggi con una popolazione di oltre 5000 mila abitanti. Vengono, vedono, ramificano e, dice uno di loro, «Se vai a Unirea non vedrai più giovani nella piazza del paese. Ora sono tutti qui. Ad Aguaviva».
Vincenzo Carideo va, così, in Romania nelle campagne intorno a Bacau: trova gente che vive ancora come da noi nel dopoguerra, senza acqua, senza luce. Sceglie le famiglie che gli danno più garanzie e le porta a Pennapiedimonte. Arrivano in 38, tra cui 20 bambini, i grandi vengono mandati a raccogliere olive a Caprafico, le donne diventano badanti nei paesi limitrofi, i bimbi a studiare con uno scuolabus. Nel pomeriggio, li aspetta una ludoteca, con un traduttore che li segue come un’ombra. Per i grandi, invece, corsi serali la domenica e il martedì. La popolazione, all’inizio scettica, a distanza di cinque anni è riuscita comunque a tirar fuori la sua grande anima. Anima di chi fece la valigia per cercare fortuna e scappare dalla fame e non lo ha dimenticato.