Colore: dal granata al rubino. Profumo: caratteristico fruttato. Sapore: dolce gradevole. Grado alcolico: 14%. La tradizione del vino cotto risale a tempi antichissimi: i patrizi romani, gli imperatori romani e i papi concludevano i loro succulenti banchetti con calici di questo nettare proveniente dalle campagne picene. Plinio il Vecchio, nel I secolo d.C., descrive il metodo di preparazione del vino cotto: «è opera di ingegno e non di natura cuocendosi il mosto finché sia consumato il terzo della sua quantità; deve essere cotto solo quando la luna non si vede perché congiunta al sole». Bisogna credere nella luna, «prova a tagliare a luna piena un pino, te lo mangiano i vermi. Una tina la devi lavare quando la luna è giovane» bisogna avere tradizioni contadine antichissime alle spalle. Quando il raccolto era peggiore del solito o quando il proprietario sceglieva l’uva migliore e lasciava al contadino quella più rovinata, questi per non rischiare di rimanere senza vino, facendo ricorso alle sue migliori risorse ad alla sua creatività riusciva a bere, per tutto l’anno, un vino forse migliore di quello del padrone. Il vino cotto infatti si presta ad essere personalizzato con semplici processi di aromatizzazione aggiungendo in fase di cottura mele cotogne ed altri frutti o aromi che possono esaltarne il profumo ed il sapore. Lasciandolo riposare per anni in botti di rovere riusciva a prendere i loro aromi e profumi. Tradizione voleva che una botte fosse regalata ad ogni nuovo nascituro e che fosse anche portato come dote dalla sposa. Prodotto presente in ogni cantina ed arte trasmessa di generazione in generazione. La magia è tutta nella cottura del succo d’uva, mosto, a fuoco vivo, facendo ridurre 100 litri di mosto a circa 15 litri, magica concentrazione di zucchero aggiunta a 100 litri di semplice mosto ed affidati al tempo e alla pazienza di chi sapientemente lo affinava, di anno in anno, aggiungendone altro vino cotto. Proprio questo il punto più importante della sua vinificazione. Il rincorrersi degli anni, il susseguirsi dei secoli ne esalta il sapore.
Un prodotto con una tale storia non può rischiare di cadere nel dimenticatoio. Con lo sviluppo della specializzazione dei vini e la nascita dei DOC si proibisce di essere chiamati vini a bevande ottenute dal riscaldamento del mosto (perché questa eccezione è fatta al Marsala?). Vino cotto considerato vino artefatto e non vino. Questo ha impedito per anni la sua commercializzazione. Sarebbe rimasto nascosto nelle sue cantine, segreto dei suoi contadini se nel 2000 non fosse intervenuto un decreto ministeriale che ha di fatto riconosciuto il vino cotto nell’elenco ufficiale dei prodotti agro-alimentari tradizionali della Regione Marche e Abruzzo.
Prodotto in tutto l’Abruzzo e nelle zone di Fermo, Ascoli Piceno e Macerata, spetta riconoscere che in alcuni centri è particolarmente buono. Spicca tra questi Roccamontepiano che ha promosso il suo prodotto nella trasmissione di rete8, “Il
paese delle meraviglie”, meritando, durante la trasmissione, la sua assoluzione. Paese che lo festeggia ogni anno, a novembre, accompagnato da castagne nella “Festa del vino cotto”. La presenza ad eventi a carattere internazionale quali Vinitaly di Verona, Salone del gusto di Torino, Mia di Rimini ha contribuito a far conoscere il Vino Cotto ad appassionati ed estimatori, lasciandogli forse il posto che merita tra i passiti d’Italia. Lasciando questo gusto dolce nel palato e la speranza che i nostri produttori possano commercializzare questo nettare.
«Bevuto con moderazione dà gioia di vivere».