Finalmente il Presidente Silvio Berlusconi ha deciso di chiamare le cose con il proprio nome. Davanti ad una platea plaudente e ad una silenziosa e per niente imbarazzata “ministra” all’Istruzione (in passato Pubblica Istruzione, e ciò già dà il senso del progetto politico del centrodestra), il premier ha ammesso che l’attuale riforma della scuola va nella direzione della cancellazione e neanche tanto lenta distruzione della scuola pubblica.
Dimentico dei tagli drastici che si sono già abbattuti per ben due volte, e ci apprestiamo a vivere e subire la terza e più feroce sforbiciata alle già misere risorse destinate all’educazione ed alla formazione dei ragazzi, il capo del Governo passa ad attaccare e ad accusare i docenti di inculcare negli studenti chissà quali pericolose ideologie di sinistra. Non dice, però, che gli stessi insegnanti si formano ed aggiornano a proprie spese; molte volte, ironia del destino, attraverso enti e società di proprietà dei discendenti del Premier.
In realtà l’attività principale in cui maestri e professori sono impegnati da quando la riforma della scuola, minacciosamente definita «storica» dalla Gelmini, si è abbattuta come una sciagura sugli addetti del campo del sapere e sulle famiglie italiane, è quella di dare agli studenti le stesse possibilità del passato avendo a disposizioni zero risorse. Com’è possibile realizzare questo? Con scelte coraggiose fatte da alcuni dirigenti scolastici e spirito di abnegazione del corpo docente.
E questo nonostante l’azione continua del governo volta ad alimentare e diffondere nell’opinione comune l’idea di una classe di lavoratori dalla lauta retribuzione per un’occupazione di mezza giornata e tre mesi di ferie l’anno. Invece, il compito a cui siamo chiamati giornalmente è quello di tamponare le carenze di una scuola spogliata del suo reale compito educativo e privata di risorse persino per la spesa corrente.
Docenti, tanti precari, che portano avanti progetti europei con mezzi propri, perché solo dall’Europa si possono attingere risorse, che trasportano materiale e strumenti da casa per venire incontro alle esigenze didattiche dei ragazzi e che sono costretti a lavorare spesso in situazioni di illegalità, perché il governo impone deroghe alle leggi che egli stesso emana, come nel caso dell’edilizia scolatica.
Quello che gli insegnanti, di ogni ordine e grado, cercano di fare quotidianmente, è di creare personalità libere, menti critiche che siano consapevoli del proprio valore e capaci di giudicare il mondo circostante.
Agli studenti, giovani donne e giovani uomini, si tenta di spiegare, bypassando tv spazzatura e una lettura edulcorata della realtà, che si arriva alla realizzazione personale attraverso lo studio, il sacrificio, l’assunzione di responsabilità dei propri atti nei confronti di se stessi e degli altri, rimanendo lontani dalle feste di Arcore e dalla vendita del loro corpo e della loro dignità.
La responsabile scuola provinciale PD Chieti,
Gianna Di Crescenzo

