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“Segreti” nell'opera dannunziana

“La figlia di Iorio”: una tragedia tutta da scoprire

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Una delle più belle tragedie dannunziane.
“La figlia di Iorio” è ambientata in un Abruzzo primitivo, superstizioso e quasi “magico”, collocato sapientemente fuori del tempo, esaltato dalle parole del Vate, che si compiace di insistere, con la sua solita cura meticolosa per dettagli e particolari, su riti e credenze tipici della civiltà arcaica agricolo-pastorale.

Il linguaggio si confà perfettamente al tipico parlato popolare, con canti e proverbi.
Il tutto è mescolato armonicamente, quasi a creare una sublime melodia decadente, prodotta certamente dal fascino esercitato dal popolo contadino su D'Annunzio stesso, che ne fa l'emblema dell'irrazionale.

Quest'opera, così abilmente “modellata” sul “corpo” del popolo abruzzese, “nasconde” alcuni segreti, che ne fanno un autentico vanto per il popolo stesso.

Ebbene sì. Si tratta di un'opera tutta da scoprire.

Il primo “segreto” riguarda la sua ambientazione.
Sull'onda del successo dell'opera dannunziana, infatti, le Grotte del Cavallone, situate nel territorio facente parte dei comuni di Taranta Peligna e Lama dei Peligni, vennero “ribattezzate” come “Grotte della Figlia di Iorio”.
La trovata si rivelò un ottimo “stratagemma” per catturare l'attenzione di visitatori d'ogni genere, molti dei quali descrissero questo luogo già “magico” con parole e racconti fantasiosi.

Il secondo “segreto” è riferibile al meraviglioso dipinto che porta lo stesso nome dell'opera, realizzato dal pittore pescarese Francesco Paolo Michetti, che fu l'ispiratore dell'opera stessa e a cui il Vate dedicò, probabilmente in segno di gratitudine, uno dei suoi capolavori: “Il Piacere”.
Tale “segreto” riguarda la “protagonista” del quadro stesso, cioè una donna giovane, scarmigliata e formosa, avvolta in uno scialle: Mila di Codra.

Colei che Michetti prese, in qualità di “modella”, per interpretare questo “ruolo” fu Giuditta Saraceni: una donna orsognese, della quale ancora oggi viene narrata la straordinaria esperienza.
Il terzo “segreto” è ravvisabile, poi, in un peculiare ornamento indossato dalla Saraceni durante la raffigurazione.
Si tratta di una preziosa rarità, tipicamente orsognese: li sciacquajje, degli orecchini a “navicella” , che ricordano, per la forma, una piccola barca.
Arricchiti da motivi floreali, cesellati con elementi oscillanti e catenelle sospesi nel centro, risultano un prodotto artigianale, realizzato dai migliori maestri orafi d'Abruzzo.
Un vero tesoro.

È proprio Orsogna la “patria” del quarto “segreto”: la “ sua” Torre di Bene, infatti, risulta la sede prescelta per gli “incontri” del Cenacolo dannunziano, un tripudio di cultura e “piacere” intellettuale allo stato puro.
Tra le eminenti personalità che ne facevano parte troviamo proprio Michetti, che sembra incarnare perfettamente le peculiarità di un vero “cultore del bello”, seguendo le “orme” del suo Vate.

Che ci siano altri “segreti” ancora nascosti? Non resta che scoprirli!

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