Non è sbagliato bombardare Tripoli, è sbagliato dire che è “giusto” farlo. Soprattutto, è sbagliato dire una tale scelleratezza “da destra”. La politica estera di un Paese, per personalità a qualsiasi titolo “di destra”, dev’essere sempre e soltanto “utile” al Paese stesso. Non per cinismo o per mancanza di valori, ma nel rispetto del valore supremo: la salvezza o la salute – anche economica – della Patria. Se si avesse il coraggio di ragionare in questi termini, democraticamente, si darebbe all’opinione pubblica la possibilità di capire e di valutare l’azione del governo. Quanto meno, si potrebbero pretendere spiegazioni.
Così ragionando, si potrebbe chiedere al ministro Ignazio La Russa: a cosa serve mettere a disposizione basi e ben (!) otto bombardieri al comando Nato che ha deciso d’intervenire così duramente nella crisi libica. E non perché si pensi che La Russa non saprebbe o non potrebbe rispondere, ma, semplicemente e sinceramente, per capire dove sta andando l’Italia; quali rischi si sta assumendo il nostro Stato: quali vantaggi possono derivare al nostro Paese dall’impegno militare e logistico. Lo stanno scrivendo tutti: Nicolas Sarkozy ha di fatto giocato d’anticipo e d’azzardo con le fiches altrui: la Francia ha tutto da guadagnare da un crisi del regime di Gheddafi e nulla da perdere. L’Italia, invece, mette in gioco pesanti interessi economici che, ovviamente, non sta scritto da nessuna parte che possano e vogliano essere onorati anche da un futuro governo diverso dall’attuale.
Certo, Gheddafi è un despota, ma non lo è di più o di meno dei leader cinesi, coi quali commerciano quotidianamente tutti fino al limite del suicidio economico. Non è questione di principio umanitario, insomma. Senza contare, poi, che la crisi libica segue a breve quella egiziana – altra economia molto significativa per il commercio italiano – e che il prossimo colpo dell’Occidente potrebbe colpire l’Iran, di cui siamo i primi partner commerciali. Insomma, ce n’è di quel po’, per smettere di parlare di Ruby, festini e fesserie del genere e tornare a parlare di politica vera, alta. Per non correre il rischio di vedere il mondo trasformarsi ai nostri danni e sotto i nostri occhi nella più completa ignavia. Oppure, per perdersi in analisi tanto superficiali quanto politicamente idiote, come quelle del presidente della Camera, il quale, a fronte della conseguente ripresa degli sbarchi di clandestini a Lampedusa, invita gli italiani a rassegnarsi a un destino multirazziale.
C’è bisogno di svegliarsi subito.
C'è in gioco la credibilità futura di una nazione che oggi dimentica che i trattati impegnano gli stati non i governi che si trovano occasionalmente a rappresentarli e, purtroppo, c’è chi pensa che i trattati internazionali siano pezzi di carta. Certo, ci sono trattati più chiari di altri. Si vedano ad esempio nel Trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione Italia – Libia (2009) i riferimenti al “rispetto reciproco della «uguaglianza sovrana, nonché tutti i diritti ad essa inerenti compreso, in particolare, il diritto alla libertà ed all’indipendenza politica»; al diritto di ciascuna parte a «scegliere e sviluppare liberamente il proprio sistema politico, sociale, economico e culturale» (art. 2); all’impegno a «non ricorrere alla minaccia o all’impiego della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dell’altra Parte» (art. 3); all’astensione da «qualsiasi forma di ingerenza diretta o indiretta negli affari interni o esterni che rientrino nella giurisdizione dell’altra Parte» (art. 4.1); alla rassicurazione dell’Italia che «non userà, né permetterà l’uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia» e viceversa (art. 4.2); all’impegno a dirimere pacificamente le controversie che dovessero sorgere tra i due paesi (art. 5).
Non è tradimento diplomatico il nostro? Certo! E non solo … siamo anche traditori di noi stessi se abbiamo rinnegato anche l’articolo costituzionale n°11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Siamo conigli e, nascondendoci dietro l'umanitarismo tanto in voga, accettiamo tutto supinamente e vergognosamente ... e siamo pure tranquilli perché tanto le grancasse del sistema ci lavano la coscienza ... Ed è il colmo che si paragoni l' ammasso di immigrati, clandestini o peggio ai nostri nonni quando partivano per l'America... Abbigliamento tipo dell'italiano che partiva per l'America: straccio attaccato dalla spalla all'addome, pantalone con toppe, e scarpe di stoffa... Abbigliamento tipo del tunisino che sbarca in Italia: occhiali da sole, cappellino firmato, giubbotto, felpa, maglietta, canottiera, jeans ultima moda, calzettoni e scarpe adidas e ovviamente l'immancabile telefonino … la loro risposta è univoca:" Voi italiani dovete mantenerci, è vostro obbligo perché siamo rifugiati politici." Palle, palle, palle.
Questi sono venuti in Italia per fare la bella vita e come potrebbero farla senza un lavoro? Semplicissimo. Rubando. Hanno già invaso appartamenti chiusi ( le solite case per vacanze) e ne hanno fatto cosa propria. E chi li manderà più via? La mafia ha già preso contatti con loro e così sistemazione trovata.
Agli slogan verbali contro l'immigrazione che hanno fatto la fortuna di molti parlamentari non si è minimamente vista l'azione, anche solamente politica, se non quella di constatare che il nostro Stato è sempre più una "colonia" esposta alle volontà delle oligarchie atlantiste (NATO).
Gli sbarchi non cessano e l'Italia, anziché anteporre i propri interessi attivandosi, da avente diritto, perché confinante ed esposta sul Mediterraneo, per una soluzione diplomatica con la Libia, subisce l'arroganza dell'UE, Francia in testa, scendendo "in guerra" e non rispettando l'accordo Italia-Libia sulla cooperazione economica e sul divieto di conflittualità armate, nonché sul controllo dell'immigrazione.
Purtroppo la sindrome da 8 settembre dilaga imperterrita in tutto il Parlamento italiano!
Ma io non sono in guerra con la Libia. E voi?
Il Segretario de La DESTRA Guardiagrele Paolo Damiano