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Presentose e Sciacquaije, vezzi femminili e storie di amori

Benvenuti nella patria dell'oro e dell'argento

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Gabriele d’Annunzio, nel suo romanzo “Il trionfo della morte” trasse spunto ed ispirazione dal folklore abruzzese e diede un nome ad un monile in uso tra le donne: «Portava agli orecchi due grandi cerchi d’oro e sul petto la Presentosa, una grande stella di filigrana con in mezzo due cuori». Fa subito capire che il suo personaggio femminile è legata sentimentalmente: due cuori, non uno. Un vero e proprio mezzo di comunicazione visiva: un cuore al centro della stella rendeva noto, infatti, lo stato nubile dell’indossatrice e in genere veniva regalata dalla madre, o entrambi i genitori, in età maritale. Il gioiello recante due cuori, legati da una chiave o da un nastro, era donato dai genitori di lui come “pegno” d’amore, come patto di promessa sposa. Il ciondolo con al centro una nave, veniva donato dal padre dello sposo, o anche dallo sposo, il giorno delle nozze e stava a simboleggiare l’inizio di una navigazione in due verso una nuova vita, quella matrimoniale. Nel nome, inventato probabilmente da d’Annunzio, è racchiusa tutta l’importanza del pegno: “Presentosa” nella sua storia viene interpretato come oggetto prezioso, ornamento personale, ricevuto, in genere, come “Presente”, come dono da sfoggiare con presunzione. Le origini della presentosa non sono note, tuttavia le prime notizie attestate sulla produzione di tale manufatto risalgono ad un periodo compreso fra il 1804 e il 1816, quando compare per la prima volta come bene dotale di spose, mentre le prime fabbriche sorgono ad Agnone ed a Guardiagrele
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