Masse umane di popolazioni che, scappano da un conflitto, da una situazione di pericolo o carestia, sognando la felicitas dell’Impero romano. Dal III al V secolo spostamenti di burgundi, alemanni, goti, vandali; oggi di libanesi, tunisini, somali, eritrei che sognano “la bella Italia”. Roma controllò questa minaccia: non concesse mai loro la cittadinanza, neanche con l’Editto di Caracalla, e non diede mai loro terre in proprietà definitiva. Spostati in aree a bassa intensità demografica, ai margini dell’Impero, legati ad uno statuto giuridico vincolante, il colonato: far coltivare terre romane importante per i padroni che pagano il fisco: «I barbari passano con le mogli, i figli, le loro carovane, in luoghi da tempo abbandonati per restituire da schiavi alla coltivazione quelle terre che forse loro avevano un tempo saccheggiato». Si consegnarono all’Impero, sese dedere. Privati dei loro re, sostituiti da prefetti. Popoli dalla cultura militare, vivono di razzie e non svilupparono una tradizione letteraria. Vagarono per l’Impero quarant’anni con la loro tribù. Ingressi destinati a stanziamenti. Non potevano tornare nei loro luoghi di origine, avrebbero dovuto combattere nuovamente. Roma li controllò in ogni modo, li disperse per paura che uniti in un’unica massa si ribellassero; il Codice Teodosiano puniva con la morte tra romani e barbari.
La coperta corta dell’Impero romano mandò i visigoti a risolvere la questione in Spagna con i Vandali, spostati in Andalusia (che altro non è che Vandalusia). I visigoti si stanziarono a Tolosa ed anni dopo, guidati da Alarico, conquistarono l’Africa granaio dell’Occidente. Il colpo fu duro.