Era il mese di giugno del 1963 quando venne creata l’espressione “governo balneare” a indicare il tentativo, da parte di Giovanni Leone, di formare un governo ponte che desse il tempo ai partiti di trattare e formare un esecutivo di coalizione.
L’aggettivo “balneare”, dal latino tardo “balnearis”, caratterizza con ironia la locuzione passata a designare, nel gergo e nell’immaginario collettivo, esecutivi di fortuna, poco affidabili, in qualche modo legati alla leggerezza della pratica estiva; non mancano infatti giochi di parole e metafore relative alla balneazione e alla relativa area semantica: i politici coinvolti vengono definiti “bagnini”, l’esecutivo paragonato a una balena “spiaggiata” ecc.
Nel linguaggio giornalistico, specie nel periodo della Prima Repubblica, l’espressione è stata utilizzata per identificare quei governi che avevano il compito principale di approvare la legge di bilancio, in attesa di un successivo chiarimento politico per la formazione di un governo più forte con un indirizzo programmatico preciso.
Alla luce della situazione politica interna contemporanea più di qualcuno nelle file dell’opposizione ha sentito la necessità di fare confronti con gli aspetti più deteriori della Prima Repubblica; la stampa nazionale ha riportato le preoccupazioni in questo senso della rappresentante del Pd, Rosy Bindi e del leader dell’Idv, Antonio Di Pietro: corsi e ricorsi storici.
Gli ultimi mesi hanno messo a dura prova la saldezza dell’esecutivo: le importanti sconfitte della coalizione di centrodestra, a Milano e a Napoli, hanno restituito un Berlusconi sottotono, in ultima battuta disposto a cedere la leadership del partito ad Alfano, aprendo la strada alla sua conseguente sostituzione alla Giustizia; la Lega non si astiene dalle critiche e insidia la stabilità di governo a botte di trovate propagandistiche; lo scandalo P4; la manovra finanziaria passa in tempi record ma fra le polemiche lascia intravedere un ministro dell’economia isolato; il governo va sotto sul decreto rifiuti, per la risoluzione delle criticità di Napoli, per opera dei suoi stessi rappresentanti.
Le ultime dichiarazioni del presidente della Camera, Gianfranco Fini, riaprono il dialogo con il «centrodestra senza Berlusconi» e ipotizzano un governo «meno muscolare» e aperto al confronto su economia e legge elettorale. Dal Pdl Cicchitto risponde invitando Fini a non muoversi con manovre tattiche nel tentativo di evitare le stringenti decisioni del sistema bipolare: o di qua o di là.
È Antonio Di Pietro, di recente, a tirare il ballo la nota espressione “governo balneare”, nelle dichiarazioni in risposta all’intervento di Fini: «Riconosciamo che tutto può andare bene per superare il governo Berlusconi, ma noi non entriamo in un governo balneare o istituzionale, se altri hanno la forza e i numeri per un'alternativa, ne prendiamo atto e non abbiamo critiche preconcette, ma noi non ci stiamo».
Nel tirare le fila del discorso ci si chiede se dopo anni di Berlusconismo e di attesa della sua fine, da parte dei detrattori, le uniche possibilità di superamento possano essere davvero affidate a soluzioni legate, nei modi e nella stanchezza politica, alla Prima Repubblica: paradossale fine di un sistema politico che nasceva a sostituire la muffa della vecchia politica di palazzo. Diceva Bettino Craxi: «Il generale Agosto farà il resto». Andate tutti al mare.

