27 gennaio. È il giorno per non dimenticare.
Un giorno in cui bisognerebbe lasciarsi guidare dalla memoria, affidarsi a lei e riflettere su quanto sia importante non scordare il passato, sulla sua funzione salvifica.
È un giorno in cui, più che negli altri, è necessario, forse indispensabile, meditare.
È bene recarsi ad Auschwitz, almeno una volta nella vita.
Trovarsi lì, faccia a faccia con ciò che “è stato”, rivela l'importanza di un giorno che racchiude in sé una quantità infinita di storie.
Ci sono corridoi pieni di fotografie, in cui uomini e donne vengono ricordati attraverso il nome, bene prezioso di cui erano stati privati.
Ci sono teche piene di oggetti. Mucchi di occhiali, di borse, di spazzole e pettini, di stampelle, di scarpe e di capelli.
Ci sono stanze quasi vuote. Basta osservarle, anche solo un secondo, per capire quanto dolore vi si cela dentro.
Immagini, storie, eventi dolorosi, per i quali, però, ricordare è il minimo che si possa fare.
“Meditate che questo è stato”.
Primo Levi intima agli uomini di scolpire queste parole nel proprio cuore, di tenerle sempre lì, fisse nella mente, impresse e ricordate, come se il 27 gennaio fosse ogni giorno.