Continuano i casi limite che si vivono quotidianamente negli ospedali abruzzesi, soprattutto nel policlinico di Chieti, dove molti esami, tra i quali la più comune e richiestissima mammografia, non si possono prenotare perché il numero delle persone in lista di attesa è enorme. Sembra illogico a questo punto investire denaro pubblico sulle campagne di prevenzione antitumorali, se poi viene negata la possibilità di seguirne i consigli a causa di una realtà sanitaria (pubblica) disastrata, che si vuole proseguire a smantellare ma che spesso non copre neanche le urgenze. Parcheggi introvabili e file estenuanti sono la regola all'ospedale clinicizzato. Per non parlare del pronto soccorso, dove le attese sono infinite soprattutto se la patologia non è gravissima. E quando il medico stabilisce il ricovero in uno degli ospedali vicini, per esempio a Guardiagrele, la gente rinuncia. Si potrebbe quasi pensare che il ricovero in altro luogo sia un incentivo alla deospedalizzazione, ma le decisioni del medico non mirano a questo obbiettivo. La verità è che i reparti, soprattutto le aree mediche, sono saturi. In Pediatria, in clinica medica o geriatria, dove le patologie di ricovero sono tra le più pericolose, con malattie respiratorie, virali, bronchiti, si corre il rischio che chi si ricoveri per curarsi da una infezione, con la calca e la promiscuità delle barelle in corsia, corra il rischio di beccarsene un'altra e ben peggiore. La medicina territoriale non è sufficientemente organizzata per dare risposte rapide. Le persone che stanno male "meritano" di essere curate, con assistenza che solo un ospedale può offrire, in teoria. Perché poi anche lì c'è da aspettare, con un personale precario, che protesta e che ormai è ridotto all'osso.