“Spero che le recenti dichiarazioni del consigliere comunale Franco Caramanico siano frutto di distrazione e non di memoria selettiva che trattiene a sé le azioni degli altri e dimentica le proprie. Vorrei infatti ricordare al consigliere che fu proprio lui il primo, ai tempi in cui era assessore regionale, a sostenere la riconversione dell’ospedale guardiese proprio nell’ottica di un accoglimento dei bisogni di una popolazione che diventava sempre più anziana, e quindi con il conseguente trasferimento della pediatria e di ginecologia che erano ben sotto le soglie nazionali, oggi ancora più restrittive”. Lo afferma Gianna Di Crescenzo, Responsabile Politiche della Salute PD Abruzzo.
“Dovrebbe anche rammentare, perché allora seduto in consiglio regionale, che l’Abruzzo è stata a lungo commissariata per quanto riguarda la sanità, sottoposta ad un piano di rientro che Chiodi ha attuato in maniera ragionieristica, senza confronto né dialogo, e che proprio questa linea di governo ha portato a scrivere sui decreti dell’allora commissario ad acta la parola “zero” per quanto riguarda il numero dei posti letto del SS. Immacolata, documenti che sicuramente il consigliere conosce e conserva. Così come sarebbe giusto riportare alla memoria che tutti i ricorsi, compreso il suo, sono stati rigettati dalla giustizia e che questa si è pronunciata chiaramente a favore dei provvedimenti drastici dell’allora presidente di regione di centrodestra. Se l’idea di sanità che Caramanico ha è la stessa di dieci anni fa, forse non si è reso conto che molte cose sono cambiate, incluse norme, procedure, protocolli e disponibilità di risorse. La “rete di ospedali” allora sostenuta da lui non è più possibile – continua Di Crescenzo – in primis perché Ortona è diventato un centro di eccellenza per l’oncologia donna, con percorsi e risultati riconosciuti a livello europeo, e penso che chi ancora parla di posti per acuti al S. Bernabeo, non si renda conto di quanto sia stato fondamentale per le abruzzesi in particolare, destinare posti letto e risorse ai reparti del professor Cianchetti e del professor Fanfani. Anche il consigliere comunale Sandro Salvi è caduto in errore. Ad onor del vero, a lui si deve la lungimiranza dell’aver capito l’importanza della sanità territoriale, ma questa sua intuizione non ha trovato concretezza nell’allora governo regionale, con Chiodi che non mai è venuto nella nostra cittadina a confrontarsi sul tema del riordino del nostro presidio, né ha evitato la spoliazione dei posti letto. Se c’è qualcuno che sulla sanità è stato ondivago, quello è proprio il consigliere di centrodestra: mentre andava avanti con i ricorsi contro i provvedimenti dell’allora suo presidente di regione, dall’altro non parlava già più di ospedale per acuti. Si è opposto e ha bloccato, da sindaco, la realizzazione della Rems a Guardiagrele, salvo poi chiedere ad Als e Regione di ridiscuterne quando già era stata destinata a Barete. Credo che creare volutamente confusione tra il chiudere una struttura e il riconvertirla, forse può portare a qualche beneficio a livello politico, ma certamente crea danni al nosocomio che si dice, invece, di voler difendere. Ai due consiglieri, e soprattutto a Caramanico che tanto ama citare documenti, ricordo che il 28 luglio scorso è stato messo nero su bianco, con delibera n. 907 della Asl di Chieti-Lanciano-Vasto, il nuovo profilo dell’assistenza sanitaria a Guardiagrele, con un potenziamento delle cure primarie e delle prestazioni in emergenza a bassa complessità, attivazione dell’UCCP (unità di cure complesse primarie), l’ospedale di comunità con 20 posti letto, e lo stesso per la residenza protetta per anziani, per quella per disabili adulti, e 40 per la riabilitazione psichiatrica. Il tutto anche in un’ottica di salvaguardia della quasi totalità dei posti di lavoro. Questo significa chiudere? Se si vuole continuare con la “querelle” sull’ospedale per assicurarsi visibilità politica e consenso, si faccia pure, ma forse è bene anche riflettere che l’attuale generazione di amministratori regionali non vive negli anni passati delle vacche grasse, quando creare micro-reparti o reparti doppioni per elargire primariati era la prassi, o quando si potevano mantenere ospedali che si occupavano genericamente di tutto, con numeri bassissimi di prestazioni, ogni 20 km. Ciò nonostante, si sta assicurando il diritto universale ad essere curati, razionalizzando ma allo stesso efficientando. Io credo – conclude Di Crescenzo – sia più utile lavorare tutti insieme per dare al territorio un’assistenza sanitaria di qualità, aspetto che ai cittadini interessa più delle polemiche ormai vetuste”.