E' risaputo che le mode passano: questa è la loro peculiarità. A questa regola non sfugge il vino novello, tanto amato agli inizi del 2000, che da pochi giorni ha iniziato il suo breve percorso commerciale: produzioni in calo del 25-30% con commercializzazioni a rilento soprattutto da parte della grande ristorazione. Diminuite anche le richieste di bar e pizzerie e se non ci fosse ancora qualche sagra paesana le vendite subirebbero un calo vertiginoso. Dal 2007, quando le produzioni nazionali si attestavano su 17.823.000 bottiglie prodotte in Italia, 400mila in Abruzzo e 80mila nelle cantine sociali della zona Frentana, le produzioni sono quasi dimezzate. Il novello non deve essere confuso con il "vino nuovo" che tradizione vuole essere spillato a San Martino. Si tratta, invece, di un'accurata e attenta vinificazione: le uve intere (generalmente 85% di Montepulciano e 15 di Merlot), sono poste all'interno di un vinificatore d'acciaio saturato d'anidride carbonica per 10-12 giorni. A questa macerazione segue la classica vinificazione. Questo procedimento dà al vino caratteristiche particolari come il colore rosso rubino; l'olfatto vinoso con note intense di frutti di bosco; il gusto armonico, morbido dalla struttura piacevole e snella. «Il gusto italiano», afferma Annino Cipolletta, presidente della Cantina Colle Moro di Frisa, «non è certo quello del novello e il calo delle vendite era prevedibile». Gli fa eco Roberto Di Stefano responsabile commerciale della cantina Sangro di Fossacesia: «Per il novello diminuiscono sempre più i tempi di vendita, prima si arrivava a Natale, adesso tutto si concentra in 10 giorni». E non è un caso che alcune aziende iniziano a produrre il novello solo su prenotazione. Si sta assistendo, soprattutto nei circuiti rappresentati dalle sagre a valorizzare nuovamente in questo periodo il vino nuovo, quello spillato in San Martino. Diversi produttori sulla crisi del novello alzano le spalle perché questo vino ha un'incidenza di appena lo 0,2% sull'intero comparto viti-vinicolo. Ciò che preoccupa, invece, è la crisi che investe tutto il resto della produzione.