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Replica comunicati Ass. Salute è Diritto

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Qualsiasi approccio alla vicenda della difesa dell’ospedale di Guardiagrele che abbia l’obiettivo di salvarlo è certamente meritorio, ma la serietà della causa non è sufficiente a nobilitare un atteggiamento – quello dei firmatari dei recenti comunicati dell’Associazione “Salute è Diritto” (a loro mi riferisco in queste mie lunghe riflessioni) che per i toni e per i contenuti si traduce in un attacco frontale alla mia persona e all’amministrazione comunale.

Negli ultimi due interventi è tale la mole di notizie false (sono proprio una piaga queste fake news!) che si ha davvero l’impressione di trovarsi di fronte a quello che, a tutti gli effetti, è l’inizio di una campagna di disinformazione che nulla ha a che vedere con la difesa dell’ospedale.

Andiamo con ordine.

Si dice che l’Associazione è stata convocata a mezzo stampa alle riunioni in Regione. Non è così! La convocazione al tavolo regionale fu inizialmente inoltrata ai membri della Commissione per il diritto alla salute istituita nel 2015 con delibera del Consiglio Comunale e composta da AVIS, Croce Rossa e Tribunale del Malato (oltre che dai consiglieri comunali). Dopo la prima riunione, l'invito all’Associazione “Salute è Diritto” è stato formalizzato con una nota della Regione da me inviata in data 22 giugno 2017 (prot. 13272). A questo proposito, credo che l'avere portato in una sede istituzionale e pubblica una discussione a lungo rimasta davanti ai caminetti della politica, sia un fatto inedito da apprezzare. Questo lavoro, per quanto mi riguarda, non è assolutamente finito! Deve perseguire, con chiunque voglia starci. A meno che non lo si giudichi inutile a prescindere, esattamente come accadde quando uno dei membri della delegazione di "Salute è Diritto" preferì attendere in corridoio la fine della riunione.

Si dice che io avrei rubato il lavoro no-profit di un anno dell’Associazione; che io avrei ignorato, messo in cattiva luce con “propagande e vili colpi alle spalle”. Forse chi ha firmato il comunicato (a proposito, chi è?) si riferisce alla manifestazione del 24 febbraio scorso a Pescara. L’anno scorso (il 18 marzo) ci fu una manifestazione a Guardiagrele e io non partecipai perché non invitato (nonostante tutti gli altri sindaci fossero stati chiamati ad essere presenti). Fui criticato. Questa volta, sebbene non invitato, condividendo le ragioni della protesta, ho partecipato insieme a tutta la giunta comunale. E questo significa rubare il lavoro? Uno degli esponenti dell’Associazione, che ha curato le interviste, nel vedermi mi ha ringraziato della presenza (ma questo passaggio non è stato trasmesso nel servizio del 6 marzo) e mi ha posto le domande alle quali ho risposto nei termini che tutti sanno. Eppoi, quali sarebbero le “propagande e vili colpi sparati alle spalle”? Quando ho attaccato l’Associazione? In quali sedi? Con quali parole? Se a Pescara io non fossi andato, cosa si sarebbe detto? E chi stabilisce e con quale criterio la legittimazione ad essere presenti ad una iniziativa in difesa del diritto alla salute? Certo, se il criterio è quello dell'incoerenza e della protesta a fasi alternate (poi vedremo perché), allora è chiaro il motivo del risentimento.

Si dice, ancora, che io non avrei “mai sostenuto la tesi della riapertura necessaria del nosocomio guardiese” e che avrei usato “discorsi inutili e fittizi”. Mi domando se le persone che hanno firmato il comunicato sono le stesse presenti alle riunioni in Regione. Se è così, non posso non pensare che siano in assoluta mala fede. Vediamo perché. Purtroppo non ci sono state registrazioni nelle sedute e, quindi, visto l’atteggiamento, viste le premesse di questa campagna di disinformazione, qualcuno continuerebbe a sostenere ciò che non è. Confidando nel fatto che ci possa essere un ritorno di memoria, mi appello, come sempre, ai documenti. Ebbene, a tutti i partecipanti alle riunioni fu chiesto di inoltrare, entro il 7 luglio scorso, la proposta per il presidio di Guardiagrele. In sostanza, venne chiesto a tutti di chiarire quali erano le nostre richieste. La mia aspirazione era quella di andare con una proposta congiunta. E così, con una mia lettera del 3.7.2017 (prot. 14050/14055) chiesi di condividere i contributi di tutti. Purtroppo non ebbi nessuna risposta, neanche dall'Associazione. Forse perché ciascuno avrebbe voluto avanzare, al momento opportuno (e forse questo è uno di quei momenti), proprie rivendicazioni? Non so. Fatto sta che, in mancanza di elementi da sintetizzare e ricondurre ad una unica proposta (che, magari, poteva anche essere più forte), inviai il documento dell’Amministrazione comunale (prot. 14444) nel quale inizialmente richiamavo – facendola ovviamente mia – la richiesta di conferire al presidio di Guardiagrele la funzione di “Ospedale di area disagiata” aggiungendo, poi, altre considerazioni di carattere tecnico che entravano nel merito. Come si possa, con onestà, sostenere che non ho mai chiesto di riattivare l’ospedale riesce francamente difficile comprendere se non – ripeto – nell’ottica di una azione politica chiara e netta contro l’amministrazione comunale.

Mi si definisce come un sindaco “che non è stato capace neanche minimamente di lavorare e mantenere gli impegni presi in campagna elettorale” che “ha cercato senza nessun permesso, di appropriarsi di un lungo e sudato lavoro di altri, senza nessun rispetto né considerazione ma solo con assurda prepotenza”. Eh sì, assurda prepotenza, manifestata come, dove e quando non è dato sapere. Credo che le centinaia di cittadini che, con lo scopo di difendere il nostro ospedale hanno firmato l'appello dell'Associazione, sappiano quello che ho fatto, anche considerando competenze e possibilità del sindaco. Con alcuni esponenti (sono loro i firmatari dei comunicati?) ne abbiamo parlato in due occasioni. La prima volta, il 25 maggio 2017 e, poi, lo scorso 10 gennaio. Quest’ultima sarebbe l’occasione nella quale avrei solo “sciorinato una lunghissima polemica contro il Consigliere di opposizione Franco Caramanico”. Perché non dicono i presenti che abbiamo parlato del lavoro che si stava facendo; della delibera che avevo preparato e sottoposto alla regione perchè venisse adottata; del fatto che, indipendentemente dal nome da dare alla struttura, era importante avere una diagnostica h24, posti letto di medicina, geriatria e lungodegenza? E perché si omette di dire che su questa linea vi era una sostanziale condivisione? A chi giova dire falsità così gravi? Ho mai sostenuto, pubblicamente e in incontri riservati con l’Associazione, che condividevo le scelte programmatorie, che le cose mi stanno bene così, che non intendevo assolutamente difendere la proposta che il consiglio comunale aveva adottato all’unanimità a dicembre 2015? Quando, addirittura di nascosto, avrei esibito, affiggendoli alle pareti della città, volantini su ciò che non è mai stato, per me, sufficiente a dare le risposte che i cittadini si aspettano? Perché avrei dovuto dire che tutto funziona senza metterci la faccia? Non è piuttosto vero il fatto che qualcuno ha pensato e pensa che tutto va bene e ha indotto chi governa e prende le decisioni a pensare che le mie continue denunce (mai interrotte) fossero solo le farneticazioni di un estremista?

È chiaro che la semplificazione e la causa in difesa dell'ospedale ridotta a palcoscenico della menzogna diventano una strada troppo semplice per chi, alla luce dei fatti, ha un unico evidente obiettivo: quello di attaccare. Non c'è altra spiegazione?

Cosa hanno da dichiarare costoro? Cosa mettono sulla bilancia? Hanno mai chiesto a me e al mio gruppo di sapere come è andata la storia? Hanno mai chiesto documenti e atti per entrare nel merito delle questioni? Mai, cari amici! Mai! E questa è una scelta!

Si parla di una risoluzione da presentare al Consiglio Regionale. Io ne sono venuto a conoscenza solo in occasione dell’incontro promosso dal gruppo di destra lo scorso 19 gennaio: si tratta di un documento firmato da consiglieri regionali. Non so se sia lo stesso promosso dell’Associazione. I suoi responsabili non me lo hanno mai mostrato né hanno mai inteso coinvolgere l’amministrazione nella sua stesura. Anche questa è stata una scelta? Sta di fatto che ho avuto modo di commentare quella risoluzione in occasione di quell’incontro. Nessuno ha detto che è stata scritta con l’aiuto dell’Associazione né mi pare che sia stata sottoscritta dai consiglieri che oggi dovrebbero sostenere la nostra causa in Regione. Mi limito a dire, in questa sede, che le contraddizioni della destra sono evidenti: si definisce un bluff la delibera per Atessa e, al contempo, se ne propone una identica per Guardiagrele. Perché? Ma, ormai, le elezioni sono passate e la risposta diventa persino inutile. Eppoi, si tira in ballo il sindaco di Atessa il quale “sbandiera ai quattro venti il salvataggio del proprio ospedale, diventato Ospedale di Area Disagiata”. Borrelli fa bene a rivendicare un risultato che, però, non è ancora definitivamente ottenuto perché si attende il pronunciamento dei Tavoli Tecnici. Si parla di Castricone che ha messo in salvo il “suo ospedale di Popoli”, senza precisare che si tratta di una norma di legge. Ma come si può dire, in tutta onestà, che Guardiagrele resta a guardare?

Si parla anche di un pesante attacco dell’Amministrazione all’Associazione, nello scorso novembre, alla vigilia di una manifestazione alla quale, per altro, abbiamo partecipato. Ci siamo limitati a dire, in un incontro riservato, che il mancato invito alla manifestazione in piazza ad esponenti di tutti i partiti e la possibilità di intervenire data solo ad una consigliera dei Cinque Stelle, forse forse denotava una scelta, certamente legittima, ma pur sempre una scelta. Dissi anche che mi ero trovato inserito tra chi interveniva (oltre a me, due esponenti dell’opposizione, ma nessuno del mio gruppo politico), senza che ne fossi stato prima avvisato. In ogni caso, mi pare che la partecipazione dell’Amministrazione c’è stata e, anche in quella circostanza, ho detto e ribadito pubblicamente la posizione di sempre, la ormai nota proposta del Consiglio Comunale, votata all’unanimità, nel dicembre 2015 (delibera n. 64), epoca nella quale l’Associazione non era ancora nata e non aveva ancora avviato le sue attività.

Ancora una volta mi chiedo: a chi giova questo attacco così severo contro di me? Come si può parlare in questi termini dimenticando infiniti passaggi nei quali chi ha firmato quei comunicati non si poneva alcun problema? Cosa hanno fatto costoro all’inizio del 2016 quando, a seguito della Sentenza del Consiglio di Stato che rigettava i nostri ricorsi, iniziava la disattivazione dei posti letto di medicina? Dove erano quelli che oggi firmano i comunicati in quelle settimane quando, con una nostra iniziativa, ci recammo in Regione insieme con i gruppi consiliari e i sindaci del territorio, per contestare quella scelta (era il febbraio 2016)? Noi c’eravamo allora così come c’eravamo prima e ci saremo ancora, sempre con la stessa posizione che, nel corso degli anni, non è mai cambiata.

Concludo con una notazione che guarda al passato. Non si può liquidare come “sterili rivendicazioni politiche” il racconto di tanti fatti della storia recente. L’unica cosa vera è che “dai ricorsi al TAR è passata tanta acqua sotto i ponti” (non c'era ancora il decreto "salva Chiodi" e non c'era il decreto Lorenzin), ma il paradosso è che quando era possibile ancora salvare qualcosa, sono state operate le scelte e oggi che abbiamo vincoli pesanti (che prima non c’erano) si sfoga una rabbia contro qualcuno che diventa, senza motivo, il bersaglio di una campagna che è solo e soltanto politica.

Il valore fondamentale è quello della coerenza che è premessa per la credibilità di una posizione.

I benefattori dell’Associazione – fatta eccezione dell’Avvocato Rita Tabacco che conosco troppo bene per pensarla unita alla campagna di demolizione della mia persona e del mio lavoro, avendo anche condiviso con lei anni di comuni battaglie – sono accomunati dall’obiettivo di contestare l’Amministrazione Comunale. Come si può ignorare l'origine di tanti fatti che oggi la realtà ci sbatte in faccia e credere che tutto nasca dal nulla? In quella piazza a Pescara, davanti all’Assessorato alla Sanità, c’erano, tra gli altri: il consigliere Mauro Febbo che nel dicembre 2010, quando avemmo una prima decisione negativa del TAR, espresse “soddisfazione per il pronunciamento dei giudici amministrativi de L’Aquila” aggiungendo che “il Piano di riordino messo in campo dalla Giunta attuale (parliamo della Giunta Chiodi e del piano che prevedeva la chiusura dell’ospedale di Guardiagrele), pur nella necessità di operare riconversione e ridimensionamento di alcune strutture ospedaliere, sarà in grado di garantire un’adeguata assistenza ai cittadini”; i consiglieri comunali Donatello Di Prinzio, Sandro Salvi, Orlando Console, Pierluigi Dell’Arciprete del gruppo consiliare di destra, accompagnati dalla consigliera Flora Bianco, entrata in consiglio nel 2015, quelli che presentarono al Consiglio comunale nel settembre 2010 un ordine del giorno nel quale, all’indomani del provvedimento che decideva la chiusura di Guardiagrele, si diceva che “con senso di responsabilità e spirito pragmatico, invece che abbandonarsi a sterili proteste utili solo a fini propagandistici, il Sindaco (era Salvi) ha intavolato con le autorità regionali un dialogo…” e di essere favorevoli all’attivazione di un modello di PTA che NON aveva posti letto di medicina e geriatria; l’ex sindaco Sandro Salvi che, in una nota al Tribunale del Malato del 13 settembre 2010, nel rispondere alle preoccupazioni di una Associazione che temeva per il ridimensionamento dei servizi, concludeva che “non pensiamo di non aver perso niente, ma sicuramente abbiamo e possiamo ottenere soluzioni migliorative e siamo convinti che il futuro della sanità è non avere l’ospedaletto sotto casa, come dimostrano i fatti accaduti di recente, ma dare sicurezza e rapidità alle richieste di sanità che vengono dai cittadini”. E, soprattutto, erano lì tutti quelli (tra gli altri Febbo, Sospiri e Pagano) che, a bordo di un'auto elettorale in bella mostra, a pochi giorni dalle  elezioni, cercavano consenso senza dire di avere deciso le sorti del nostro ospedale con atti e provvedimenti che noi abbiamo avversato, sempre in nome della stessa coerente posizione, senza nessun benefattore o nume tutelare. In quegli anni non c'era neanche il supporto di chi oggi firma questi comunicati, quelli che, senza quel nostro lavoro, oggi non avrebbero avuto più nulla da difendere perché l'ospedale sarebbe chiuso da 7 anni e mezzo.

Ma il mio e nostro lavoro è stato per anni patrimonio di tutti. A chi se ne è servito per difendere la causa dell'ospedale di Guardiagrele mai è stata mossa l'accusa di indebita appropriazione.

Se dovessi riassumere la stagione dei ricorsi di quegli anni, diventerei noioso, ma non si può liquidare come una banale rivendicazione il lavoro fatto, spendendo ogni energia di fronte ad una ingiustizia che, per essere difesa da chi l’aveva pensata, ha dovuto ottenere addirittura una copertura normativa. E, si badi bene, non può essere una banale rivendicazione il fatto di mettere in evidenza le contraddizioni. Eccone un'altra. Tra gli estensori del Piano che chiuse l’ospedale di Guardiagrele nel 2010 (l’atto poi diventato legge) c'era anche l’ex direttore dell’agenzia Sanitaria, Romano che, insieme alla Baraldi (ricordate la Baraldi?), concepì quel programma che chiudeva l'ospedale e oggi viene applaudito nell’incontro organizzato dalla destra a gennaio per parlare di una sua riattivazione. Ma ci si può prendere in giro così?

Per tutti questi motivi, lo sgangherato attacco degli esponenti dell’Associazione è, a mio avviso un clamoroso autogol. Il linguaggio che usa non appartiene di certo né alla maggioranza degli iscritti né alla maggioranza di tutti quelli che, in assoluta buona fede, hanno sottoscritto gli appelli dell’Associazione. È l’uscita di chi ha deciso di usare questo tema per altre finalità; di chi, in alcune fasi delicate della battaglia per la sanità pubblica, recenti e passate, non si è mai visto; di chi ha scelto lo scontro e, in questo modo, finisce solo con l'indebolire la causa che vuole difendere.

Mi aspetto una nuova replica, ma anche a quella risponderò. Sono disponibile a trovare soluzioni, sempre. Ma non ad essere insultato, con la violenza della menzogna, da chi pensa di costruire il futuro rifiutando di conoscere la storia.

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