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ESSERE O NON ESSERE IN UN ALTRO ESSERE DIVERSO DA ME

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Mentre mi imbarcavo da Roma a Parigi dove avrei preso un aereo per San Paolo, un’enorme schermo televisivo davanti a me, trasmetteva proprio in quel momento un servizio senza audio sui rifugiati che arrivano in Europa. Allora, dopo una settimana di lavoro a stretto contatto con otto di loro, in un'esperienza teatrale intensa in Italia, ho sentito come se il messaggio fosse per me. Ho immaginato lì, in quella fila del reportage, Joseph, Sana, l’irrequieto Ojk, Iddriss … Si, ragazzi, ho potuto sentire il vostro viaggio, come siete arrivati, in quali condizioni siete arrivati, nella paura e nell'attesa di tutti quei volti, molti neri, che si vedevo in quella tv senza audio. 
 
L'esperienza è stata un invito dal Teatro Simurgh, di Fiore Zulli e Carla Robertson. Artisti affascinanti e generosi, che hanno riunito 23 artisti di tutti i continenti per un incontro di creazione interculturale nella cittadina di Guardiagrele. Tra gli artisti ospiti, otto giovani rifugiati africani selezionati attraverso una serie di incontri in diversi centri accoglienza presenti in Abruzzo. 
 
Fiore Zulli (italiano) è una miscela di antropologo, ricercatore, musicista, attore, regista, cantante, ballerino. Artista multiple, bello, troppo bello. Un uomo di una cultura impressionante combinata con una forte sensibilità mistica. Il lavoro del Teatro Simurgh è essenzialmente spirituale. È profondo, intenso, pertinente, anche politico, ma nel senso antico del termine. Va oltre il mondo ordinario e l'arte d’intrattenimento. La sua compagna di vita e creazione, Carla Robertson (boliviana) è illuminata, davvero! Attrice e cantante solare, raggiante, un sorriso costante, molto amorevole. 
 
È stata una settimana di scambio artistico, di musica, di testi classici, di teatro, di esercizi corporei diversi per me, che ho già un bagaglio di 25 anni nell'arte della presenza. Parlavamo italiano (un altro e mese sarei uscita di là parlando la lingua del mio bisnonno, tanta era l’intensità del lavoro), inglese e francese “per conto delle colonie africane”. La mia “colonia portoghese”, cioè solo io, cercava di parlare un inglese imperfetto con italiani curiosi e adorabili che non parlano inglese. Ma alla fine di questa immersione comunicavamo senza parole, solo con occhi vividi di emozione. 
 
L'esperienza di pronunciare frammenti del testo classico di Shakespeare, il più emblematico per essere detto in un'occasione di questa portata, l‘inquieto monologo di Amleto “essere o non essere”, recitato in italiano, da gente del mondo intero, frase per frase uno alla volta in fila indiana, è stata come un eco vibrante tra pubblico e attori.  Io sono chi? Sono qui? Chi sono? Chi sono loro? Cosa vuol dire essere qualcuno? È avere una patria? Una casa? Un lavoro? Un amore? Io sono cosa? Dove sono? Essere o non essere. Stare ed essere lì, in quel momento … Teatro è presenza. Teatro è vita. Teatro è «La» Vita. È la vita in quell'unico momento di esistere. Un momento che mai tornerà. Sono stato lì, è vero? Essere o non essere, stare o non stare. Cosa vuol dire dunque essere qualcuno? Che cos’è essere presente? 

 

Coloro che cercano una vita, un'opportunità/lavoro, che attraversano un mare pericoloso in una piccola barca rischiando la vita, queste persone, così tante, che ho visto lì in quello schermo televisivo all'aeroporto di Roma, solo vogliono essere, solo vogliono esistere. Vogliono solo stare in qualche posto migliore.  

 La crescita che ho visto in quei giovani durante la settimana di lavoro teatrale è stata impressionante. All'inizio timidi, impauriti, diffidenti, sono andati rilassandosi, confidando in quegli artisti provenienti da tutto il mondo, in quella gente differente.  
 
Il primo esercizio che ho fatto è stato con Oumar (dal Malì). Quanto paura aveva di me, quanta timidezza in quegli occhi che non potevano mantenere lo sguardo nei miei! Ma alla fine della settimana lui brillava sul palco con una prestazione accattivante. 
 
È stato un privilegio. È stato un regalo.  Fu scambio intenso, vivo, dell'arte della presenza. Se ogni gruppo di teatro, di musica, di arte, facesse quello che Fiore Zulli e Carla Robertson hanno fatto in quell'inizio di settembre a Guardiagrele, il mondo si equilibrerebbe meglio, ne sono certa. Creare cellule di collaborazione, cambi, incontri, pacificando, armonizzando un mondo in convulsione. Il mondo è convulso. Esiste l'egoismo! E il mercato del denaro/profitto/potere, è egoista! 
 
A luglio del 2016 mi stavo trasferendo da San Paolo. Dopo aver donato la mia stufa e il frigorifero a una coppia di profughi haitiani, lei incinta di 4 mesi senza frigorifero a casa, l'amica che mi accompagnava nel trasloco mi chiede: “Perché fai questo? Se li proteggeremo, se li aiutiamo, loro non smetteranno mai di venire!... Io potei solo guardarla con spavento … e sentire in quel momento che la nostra amicizia non era altro che un immenso equivoco. 
 
Penso ad Abdoulayie (dal Senegal), che nel salutarmi mi dice: - “Non ti è piaciuta l'Italia? Non resti?” - “Vivo in Brasile, devo tornare” - “Hai un lavoro?” - “Io esisto/sono in Brasile, my new friend. Ma posso scambiare di nuovo con te appena mi chiami. Andiamo?” 

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