BENGASI. Nelle piazze si sventolano bandiere francesi, inglesi, italiane. DallâOccidente sembri arrivi il rifornimento di armi per gli assalti, armi fornite ai giovani, a quei giovani oppressi da un regime autoritario. Sventolano bandiere gli imprenditori, uno scambio commerciale che esplode, interessi che tornano, mentre ci si chiede come è vista e cosâè la presenza Nato. Il mondo arabo arresta, picchia, tortura, azzittisce. Morti carbonizzati e terrore negli occhi, stupri di guerra. Il 90% della popolazione è povera (e probabilmente lo resterà ). Il presidente Obama parla già di vittoria, nonostante le minacce del figlio di Gheddafi, Saif, soprattutto allâItalia: «Il terrore è vicino casa vostra, ci saranno pirati a Lampedusa, a Creta. Siamo a mezzâora da voi, la Libia non è lâAfghanistan». Per una vittoria quanti anni e quante vite occorrono? Lâobiettivo è quello di liberare un popolo o la Libia avrà nuovi oppositori che ruberà il suo oro? I giovani combattenti dellâopposizione non stanno di certo attaccando la Bastiglia per dar potere al Terzo stato. Il popolo non è il Terzo stato, non è lâEuropa. Il popolo ha chiesto, disperato, un cambiamento: che Gheddafi vada via⦠Tutto ciò non lo sta domando. Non câè stato neanche un mediatore, solo lâeccessiva volontà di intervento da parte dei francesi (ai quali è stato chiesto un passo indietro). Non tutta la Comunità Internazionale ha accettato lâintervento. Perché noi bombardiamo e la Norvegia non lo fa? Malta perché non ha dato le sue basi? Condannati alle tristi conseguenze, ai danni allâeconomia ed ai civili, al terrore per le minacce di un dittatore. Non si potrà mai vincere con fiori nei cannoni ma, con la speranza riposta in un popolo ormai civile, diverso. «I giovani hanno sempre unâidea diversa sulla guerra, pensano agli antichi eroi», non tollerano e non credono nelle moderne guerre giuste, eterni sognatori di pace , così come ci racconta Alessandro Baricco in Omero: «Onore, bellezza, eroismo. Come il duello tra Ettore e Aiace: i due principi che prima cercano ferocemente di uccidersi e poi si scambiano doni. Io ero troppo vecchio per credere ancora in quelle cose. Quella guerra la vincemmo con un cavallo di legno, immane, riempito di soldati. La vincemmo con l'inganno, non con la lotta a viso aperto, leale, cavalleresca. E questo a loro, ai giovani, non piacque mai. Ma io ero vecchio. Ulisse era vecchio. Noi sapevamo che vecchia era la lunga guerra che stavamo combattendo, e che un giorno l'avrebbe vinta chi sarebbe stato capace di combatterla in un modo nuovo».