La poesia a portata di...dolce: il “Parrozzo”

Aspettando il Natale

Chiara Pirani
09/11/2015
Attualità
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Un dolce tipicamente natalizio, che affonda le sue origini nella società agricola.
Nato come l'antico pane delle mense contadine, ricavato dalla “poco pregiata” farina di mais, veniva poi cotto dai pastori abruzzesi nel forno a legna.

“Figlio” degli anni Venti e del pescarese Luigi D’Amico, proprietario di un caffè del centro, “crebbe” e divenne un dolce, “rielaborato” senza stravolgerne le caratteristiche originali.
Lo stampo stesso, a forma di cupola, ricorda le “antenate” pagnotte contadine.
Ideato e preparato per la prima volta nel 1919, fu D’Annunzio, amico dell'“inventore”, ad avere l'onore di assaggiare per primo questa vera e propria “forma d’arte”.
Da un’antica ricetta abruzzese, il cui protagonista indiscusso è il latte delle greggi, profumato di menta e di “mandorle di montagna”, nasce questo pane rustico detto “Pan rozzo”.
D’Amico, ispirato dalle forme e dai colori di questo pane, lo trasforma”, ma ne mantiene la forma inalterata. Riproduce il giallo del granturco con quello delle uova e utilizza una copertura di finissimo cioccolato per imitare lo scuro delle bruciacchiature caratteristiche della cottura nel forno a legna.
Unitamente ad una lettere, consegna la prelibatezza ad un assaggiatore d'eccezione.

“Illustre Maestro questo Parrozzo – il Pan rozzo d’Abruzzo – vi viene da me offerto con un piccolo nome legato alla vostra e alla mia giovinezza”.

Il poeta, inebriato di bontà, scrisse a D’Amico un sonetto dialettale in sua lode.

“È tante ‘bbone stu parrozze nov e che pare na pazzie de San Ciattè, c’avesse messe a su gran forne tè la terre lavorata da lu bbove, la terre grasse e lustre che se coce e che dovente a poche a poche chiù doce de qualunque cosa doce . Benedette D’Amiche e San Ciattè …”

Ancora oggi, sulla scatola del Parrozzo, a ricordarne costantemente il “padre letterario”, compaiono i versi scritti dal poeta pescarese: “Dice Dante che là da Tagliacozzo,/ ove senz’arme visse il vecchio Alardo,/ Curradino avrie vinto quel leccardo/ se abbuto avesse usbergo di Parrozzo”.

Ma come provare ad “imitare” e riprodurre questo “gioiello gastro-letterario”?

Bastano alcune semplici mosse. A 200g di mandorle tritate, vanno uniti 150g di semolino e la buccia di un limone grattugiato.
Dopo aver mescolato il tutto, è necessario montare i bianchi di sei uova a neve con un pizzico di sale e aggiungerli, assieme ad altrettanti tuorli e a 200g di zucchero, al composto di mandorle e semolino.
Rivestito di carta forno uno stampo a campana, vi si versa, poi, l'impasto ottenuto, ponendolo in forno per circa 45 minuti a 180-200°C.
A cottura ultimata, il parrozzo va messo su un foglio di carta assorbente, guarnito, una volta freddo, con del cioccolato fuso, e lasciato solidificare.

Il risultato? Un autentico piacere per gli occhi e il palato, intriso di storia e...con il tocco del maestro.

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